Scritta dal cantastorie statunitense Woody Guthrie nel 1948, il brano Ilsa Koch è forse la prima vera canzone del dopoguerra a parlare dell’Olocausto. La composizione rimase tuttavia inedita ed è stata riportata solo di recente alla luce e incisa. Il brano è un crudo resoconto degli orrori dei campi di sterminio con al centro la figura spaventosa di Ilse Koch, la strega di Buchenwald. Moglie del
comandante delle SS Karl Otto Koch, responsabile dei campi di Buchenwald e Sachsenhausen, Ilse Koch si rese protagonista di torture e atti di crudeltà contro gli internati. Divenne tristemente nota per l’atroce collezione di paralumi realizzati con i tatuaggi prelevati dalla pelle degli internati uccisi. Nello stile di Guthrie la canzone nasce, però, non solo dalla tristezza ma anche dalla rabbia.
Nel 1948, infatti, Koch fu scarcerata. Il cantante temeva che l’oblio cancellasse i crimini dei nazisti. «Vedo il fumo delle ciminiere, vedo le ceneri ammassate, vedo le ossa ammucchiate (…). Ilsa Koch viene liberata. “Devo zittire la mia canzone. Vedo tornare il super-uomo”. La rabbia di Guthrie non fu la sola voce di sdegno. Koch venne arrestata nuovamente, ri-processata e condannata all’ergastolo. Si impiccò in cella nel 1967. Woody Guthrie dopo la guerra scrisse diversi brani ispirati alla cultura ebraica, in parte frutto del matrimonio con Marjorie Greenblatt.
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